Il sostegno alla crescita della bioeconomia in Europa è conciliabile con il fiscal compact? È possibile sostenere la crescita dell’economia con una politica economica vincolata per i prossimi vent’anni all’obiettivo di riduzione del debito di circa 50 miliardi all’anno (certo, con variazioni a seconda che si avvii o meno la tanto attesa ripresa)?
Queste domande ci piacerebbe potessero fare il proprio ingresso nella campagna elettorale italiana. Per trovare risposte da tutti gli schieramenti. Perché se in tanti oggi corrono (a parole) a (ri)scoprire Paul Krugman, il premio Nobel per l’economia che da sempre è critico con la politica europea di austerità e di mantenimento della stabilità dei prezzi, in quanto politica recessiva, è ancora vivo nella mente il ricordo dell’approvazione da parte del Parlamento lo scorso luglio (360 voti a favore alla Camera) del “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria”. In poche parole: il fiscal compact, che ha reso costituzionali vincoli durissimi per le economie e i bilanci nazionali.
Sembra che nei fatti nessuno degli schieramenti maggiori in campo voglia mettere in discussione il fiscal compact e la norma costituzionale sul pareggio di bilancio. In questo senso si è espresso da ultimo anche Stefano Fassina, il responsabile economico del Partito democratico, nella recente intervista che ha concesso al Financial Times.
Sarebbe invece apprezzabile – dal nostro punto di vista – una inversione del paradigma con cui si analizza questa crisi economica e finanziaria che scuote il Vecchio Continente e che da noi – e non solo da noi – ha portato al fallimento di numerose imprese, alla pesante perdita di posti di lavoro, all’aumento dell’imposizione fiscale e all’innalzamento costante del costo dei servizi e dei beni di consumo.
Non vorremmo che si perdessero altri anni, fondamentali per il destino economico dell’Europa e soprattutto dell’Italia, a parlare dei tatticismi della politica (mi alleo con chi? desistenza?), appaltando ad altri la politica economica nazionale e affossando definitamente il grande patrimonio di ricerca e di capacità di innovazione di cui, nonostante la mala politica di quest’ultimo ventennio, è ancora ricco il nostro paese.
Le speranze di un risveglio economico mondiale – sottolineano gli addetti ai lavori – non riguardano per ora l’Europa, schiacciata dall’austerità e da una moneta troppo forte.
I sostenitori del fiscal compact dicano con quali misure intendono far ripartire l’economia. Intanto, in tempi di agende politiche, invitiamo non solo a (ri)leggere Krugman, Stiglitz, Schumpeter, Keynes o magari persino Georgescu-Roegen, ma anche a guardare a quello che avviene al di là dell’Atlantico e a quel piano nazionale per la bioeconomia presentato dal presidente Barack Obama lo scorso aprile.
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Felice Amori
Credo che il tema della revisione del fiscal compact entrerà prepotentemente nell’agenda politica del prossimo governo. Non c’è alternativa con il Pil che – secondo la Banca d’Italia – è sceso del 2% nel 2012 e scenderà di un ulteriore 1% nel 2013, con una disoccupazione al 12%.